28 settembre 2011

Anniversario

1981-2011  
30 Anni!


Sabato 24 settembre il Centro culturale delle donne “Mara Meoni” ha festeggiato trent’anni di attività con un’iniziativa pubblica che si è svolta a partire dalle h. 17.00 presso la Sala Gialla dell’Istituto Pendola a Siena. La serata che si è aperta con i saluti istituzionali dell’Assessora Provinciale Simonetta Pellegrini ha voluto raccontare, attraverso le voci di alcune delle sue protagoniste, la storia del Centro dalla sua costituzione nel 1981 fino ad oggi, ripercorrendo le tappe più significative del suo percorso. Le tre relatrici - Lucia Capitani, Bernardina Sani e Gabriella Rustici - hanno rispettivamente ricordato la figura di Mara Meoni a cui il centro è intitolato e che è stata ricordata come maestra di impegno e passione per molte donne della città; l’importanza della Biblioteca come fulcro intorno a cui il Centro si è sviluppato attraverso incontri, dibattiti, presentazioni di libri, seminari e che negli anni è stato e continua ad essere un luogo di ricerca e di produzione di cultura delle donne; la collocazione del Centro all’interno della storia delle donne della città di Siena e dei movimenti delle donne che si sono espressi negli ultimi anni.
L’anniversario del Centro è stata l’occasione per sottolineare la forza, la passione e l’impegno delle molte donne che lo arricchiscono con la loro esperienza e le loro competenze, ma è stata anche l’occasione per ribadire la necessità di abitare luoghi come questo per agire il presente e contribuire alla costruzione del futuro.
Nell’occasione è stato anche annunciato l’ingresso della Biblioteca del Centro “Mara Meoni”, unica biblioteca di genere in tutta la provincia di Siena, nella rete di documentazione senese (Redos) che consente  maggiore fruibilità del patrimonio librario di oltre 5000 volumi, delle più importanti riviste di teoria femminista, dell’archivio dei trent’anni di attività del Centro e del materiale grigio di molte altre aggregazioni femminili.
Il Centro culturale delle donne “Mara Meoni” è, dunque, non solo luogo della memoria della storia delle donne della città, ma  anche della trasmissione dei saperi e della cultura delle donne, e di elaborazione del pensiero della differenza sessuale.

Teresa Lucente

20 settembre 2011

30 ANNI!



1981 - 2011
30 ANNI

h. 17.00 Apertura dei lavori
Saluti Simonetta Pellegrini
Perché un centro culturale
dedicato a Mara? Lucia Capitani

I trenta anni della biblioteca del centro
Mara Meoni : letteratura, arte, storia,
politica, medicina, scienze sociali
al femminile - Bernardina Sani
 
Dal dire al fare - Gabriella Rustici
Introduce e coordina Teresa Lucente
Presentazione del Centro e Apertura
straordinaria della Biblioteca
h. 20.00 – Cena su prenotazione
Sabato 24 settembre 2011
“Sala Gialla” – Istituto Pendola
via T. Pendola, 37 - Siena




 

Assessora PP.OO. Provincia di Siena
Interventi:

28 giugno 2011

Fuori dal ghetto!




Maternità
Lavoro
Immagine/corpo


Questi sono i temi di cui si parla quando si propone una riflessione femminile. È chiaramente impossibile prescindere da questi punti per avviare una riflessione che includa il femminile e parta da esso ponendosi proprio il femminile come orizzonte di senso. Sembra che le donne confinino la loro elaborazione concettuale ancor prima che politica intorno ai nodi irrisolti del rapporto con la maternità, del lavoro inteso principalmente nella sua dimensione di conciliabilità o inconciliabilità con la sfera privata/familiare. Anche quando si parla della maternità, l’accento è posto principalmente sulla cura dei figli che ancora oggi sembra di appannaggio esclusivo delle donne. Il discorso varia un po’ se si considera l’uso dell’immagine femminile a misura del mercato.
Ora, che una riflessione su questi temi non debba mai abbandonare il campo è un dato non controvertibile; quello che appare necessario, però, oggi a 40 anni e più dalla presa di parola delle donne sugli argomenti appena citati, è l’abbattimento di quelle barriere che fanno della questione femminile un ghetto con temi, pratiche e posizioni ben consolidate, all’interno delle quali aggiungere o togliere o variare, in virtù della specificità del momento storico, spunti e argomenti.

La “questione femminile” rinchiude le donne in un ambito che se da un lato le pone al centro delle questioni in cui la parola donna è d’obbligo, dall’altra le esclude dall’agire il presente storico, politico e sociale in ogni suo aspetto. In linea di massima è giusto che le donne si occupino di maternità e di conciliazione famiglia/lavoro, ma occorrerebbe iniziare a farlo a partire da un reale e concreto riposizionarsi all’interno della società, ripensandola in un’ottica di genere che non si dia però dei limiti culturali e di azione politica.
Incidere politicamente nella società significa non solo essere presenti (che è comunque il primo passo) ma significa essere in grado di elaborare pensiero e, poiché viene dalle donne, pensiero della differenza, che possa veicolare un cambiamento culturale prima e politico poi.
La società ha bisogno, oggi con una certa urgenza, di essere ripensata e reindirizzata in forme e modi in grado di rendere conto e di assumere come paradigma le differenze (sessuali, religiose, etniche, di classe), e questo presuppone una azione politica in grado di uscire dal ghetto e farsi garante dell’espressione e della sopravvivenza di modalità e forme diverse dell’esistenza.

Perché le donne non si interrogano su quanto avviene nel mondo e del modo in cui possa essere intrapresa una strada diversa? Perché le donne possono parlare solo di maternità e lavoro di cura e uso della loro immagine a fini pubblicitari?
Cosa ne è della crisi economica in cui il capitalismo sta implodendo?
Cosa ne è delle guerre che stanno decimando interi popoli?
Cosa ne è della convivenza tra etnie e orientamenti religiosi e sessuali diversi, dell’accoglienza dei profughi?
Cosa ne è della precarietà che ci impedisce di vivere con pienezza la nostra cittadinanza?
Cosa ne è delle famiglie che non arrivano alla fine del mese? Dei giovani a cui non è più garantita un’istruzione degna?
Cosa ne è delle violenze che subiamo nelle strade e nelle case?
Cosa ne è dei ricatti sul posto di lavoro? Dei diritti cancellati dal potere del padrone?
Cosa ne è dei poteri occulti che governano subdolamente le nostre vite?

D’accordo che la maternità è un tema caldo. D’accordo che le donne fanno ancora fatica a trovare uno spazio pubblico che non interferisca con il privato e viceversa, ma cosa dire della legge Brunetta che sta falcidiando i/le lavoratrici part-time?
Perché di tutto questo e molto altro le donne non si occupano?
Occorre uscire dal ghetto in cui ci siamo rinchiuse pensando che le donne debbano occuparsi solo delle cose da donne o delle donne, occorre abbattere i confini della “questione femminile” e cominciare a fare politica allargandone gli orizzonti. Occorre che le donne si occupino del mondo e non solo di quella parte che sentiamo più vicina o urgente. È necessario che le donne si occupino del mondo e del modo in cui si può tentare oggi di tenerlo in piedi.

Fuori dal ghetto, per le strade senza bavagli né copioni già scritti.
Come si fa a cambiare la cultura della “maternità esclusiva” se non si interviene sui modi di produzione, sull’abbattimento dei diritti e sull’immobilità, spesso connivente con i padroni, del mondo sindacale, lo strapotere finanziario delle banche e delle multinazionali, l’assoluta mancanza/impossibilità di iniziative popolari che veicolino le esigenze e i desideri di tutte e tutti anche quelle che non hanno il tempo, la preparazione, la consapevolezza di incarnare una differenza che può davvero contribuire a cambiare il mondo?
È ora di smetterla con gli slogan, le donne possono davvero cambiare questo paese ma devono cominciare ad occuparsene in tutte le sue manifestazioni, senza preclusioni né preconcetti.
Sono una donna e il mondo mi riguarda per intero!!!

Altra questione: la trasversalità del movimento.

È chiaro che a scendere in piazza per dire basta allo strapotere dei media che mortificano l’immagine delle donne usandole come oggetti funzionali alla vendita di un dentifricio, debbano essere tutte le donne al di là delle appartenenze e delle convinzioni politiche e, aggiungo, tutti gli uomini che non si riconoscono in un modello di rappresentazioni gretto e offensivo per la dignità di tutte e tutti. Ma…
Quando si tratta di elaborare contenuti programmatici la trasversalità mostra i suoi limiti. Come è possibile elaborare una piattaforma di contenuti sociali e politici comuni a donne di destra e di sinistra? E con destra e sinistra intendo una precisa collocazione nella società. Come posso io situarmi sulla stessa linea di principio di una donna che ritiene che la spazzatura di Napoli debba restare a Napoli, che l’acqua debba essere gestita da privati, che a Otranto debba sorgere una centrale nucleare, che i precari siano la parte peggiore del paese…?
Non è sufficiente essere donne per avere uno sguardo comune sul mondo, un abisso mi separa dagli uomini di governo ma anche dalle donne di governo, e dal loro elettorato (donne o uomini che siano). A meno che non si parli delle “cose da donne” in cui tutte ci barcameniamo alla meno peggio nella quotidianità.
Certo è che tutte (o quasi) le donne concordano con l’idea di avere accesso al potere, a posizioni di prestigio, alle poltrone che contano; che il lavoro di cura vada condiviso e che, in generale, si smetta di pensare alle donne come l’angelo del focolare o le madri della patria.
Il problema è che continuando a ghettizzarci acutizziamo la scissione lacerante che ci immobilizza di fronte alla svolta di cui non sembriamo essere attrici. Frequento assiduamente i luoghi in cui le donne si esprimono ma, se voglio impegnarmi in temi con una connotazione sociale e politica rilevante per il presente del paese o del mondo globale che mi inghiotte, devo unirmi ai gruppi (misti ma a carattere e impostazione maschile) che fanno politica e si occupano di questo o quello.
Dov’è la differenza femminile?

3 febbraio 2011

Mobilitazione nazionale! se non ora quando?

INVITO ALLE DONNE ITALIANE A PARTECIPARE AD UNA GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE DOMENICA 13 FEBBRAIO 2011


Se non ora, quando?
In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si è scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, occupandosi di figli, mariti, genitori anziani.
Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile, più ricca e accogliente la società in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di sé, della libertà e della dignità femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che - va ricordato nel 150esimo dell’unità d’Italia - hanno costruito la nazione democratica.
Questa ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità. E ciò non è più tollerabile.
Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici.
Questa mentalità e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l’immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione.
Così, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni.
Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale.


Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? è il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.

L’APPUNTAMENTO E’ PER IL 13 FEBBRAIO IN OGNI GRANDE CITTA’ ITALIANA

PER ADERIRE FIRMA ALL'INDIRIZZO


Prime firmatarie:
Rosellina Archinto, Gae Aulenti, Silvia Avallone, Maria Bonafede, Suor Eugenia Bonetti, Giulia Bongiorno, Margherita Buy, Susanna Camusso, Licia Colò, Cristina Comencini, Silvia Costa, Titti Di Salvo, Emma Fattorini, Tiziana Ferrario, Angela Finocchiaro, Inge Feltrinelli, Anna Finocchiaro, Donata Francescato, Rosetta Loy, Laura Morante, Claudia Mori, Michela Murgia, Flavia Nardelli, Valeria Parrella, Flavia Perina, Marinella Perrone, Amanda Sandrelli, Lunetta Savino, Clara Sereni, Gabriella Stramaccione, Patrizia Toja, Livia Turco, Lorella Zanardo, Natalia Aspesi, Letizia Battaglia, Associazione Dinuovo, Associazione Le filomene - il filo delle donne
Prime adesioni
Francesca Comencini, Isabella Ragonese, Roberta Agostini, Morena Piccinini, Valeria Fedeli, Barbara Scaramucci, Annamaria Tagliavini, Cecilia d’Elia, Paola Gaiotti, Cristina Marcuzzo, Paola Bertagnolio, Gabriella Salinetti, Monica Cerutti, Nicoletta Dentico, Annalisa Rosselli, Anna Vinci, Angela Nava, Maria Rosaria Stabili, Rosalba Giugni, Suzanne Diku, Paola Barbieri, Donatina Persichetti, Anna Rudeberg, Dora Jacobelli, Stefania Bartoloni, Franca Zambonini, Camilla Miglio, Luisa Miglio, Novella Bellucci, Marcella Corsi, Maria Grazia Fasoli, Rosalba Fanelli, Francesca Izzo, Elisabetta Addis, Antonella Anselmo, Marina Calloni, Iaia Caputo, Anna Carabetta, Carlotta Cerquetti, Licia Conte, Elisa Davoglio, Ilenia De Bernardis, Daniela De Pietri, Fabrizia Giuliani, Francesca Leone, Anna Francesca Lieggi, Anna Maria Mori, Monica Pasquino, Fabiana Pierbattista, Ilaria Ravarino, Anna Maria Riviello, Simonetta Robiony, Maria Serena Sapegno, Giorgia Serughetti, Sara Ventroni, Laura Onofri, Elena Rosa, Milena Boccadoro, Simonetta Rho, Cinzia Ballesio, Stefanella Campana, Pier Angela Mela, Donata Canta,
Masci del Lazio (Movimento adulti scout cattolici italiani), Raffaella Maioni, Assunta Sarlo (uscire dal silenzio), Le associazioni di volontariato:Welcom;Televita;Insieme con te; Articolo 3; Centro Italiano Femminile di Roma;Conferenza Maschile "Federico Ozanam"

11 gennaio 2011

Firma per sostenere la campagna per il Nobel alle donne africane!


Elaborata da associazioni italiane ed africane riunite in occasione di un’assemblea tenutasi a Dakar in Senegal, a cura del CISPI (Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale) e dell’Associazione “ChiAma l’Africa”, la campagna “NOPPAW” mira ad attribuire il Premio Nobel per la Pace alle donne africane, constatandone il ruolo crescente acquisito nella vita quotidiana dell’Africa, tanto da essere definite “la spina dorsale del continente africano”.
Sono le donne in Africa che reggono l’economia familiare nello svolgimento di quell’attività, soprattutto di economia informale, che permette ogni giorno, anche in situazioni di emergenza, il riprodursi del miracolo della sopravvivenza. Donne che, da decenni, sono protagoniste nella microfinanza: dalle storiche tontine dell’Africa Occidentale alle forme più elaborate di microcredito in tutte le parti del continente.
Queste donne svolgono un ruolo sempre crescente nella definizione e nella ricerca di forme autoctone di sviluppo economico e sociale, attraverso l’organizzazione capillare delle attività economiche e sociali nei villaggi,  e nella difesa della salute, soprattutto contro il morbo dell’HIV e della malaria. Sono loro che svolgono spesso formazione sanitaria nei villaggi. Sono i gruppi organizzati di donne che si stanno impegnando contro le pratiche tradizionali dell’infibulazione e della mutilazione genitale.
“Se l’Africa oggi può sperare nel proprio futuro, è soprattutto grazie alle donne comuni, quelle che vivono nei villaggi o nelle grandi città, in situazioni spesso di emergenza. Sono le donne africane che riescono ad organizzarsi per lottare per la pace e a mantenere la vita anche nelle situazioni più tragiche, in un impegno politico spesso capillare e non riconosciuto. Molto spesso con il rischio di subire violenza e sopraffazione.

È possibile sostenere la Campagna Noppaw, firmando sul sito http://www.noppaw.org/ l’appello che verrà inviato al Comitato promotore insieme al dossier di candidatura dove saranno presentate tante storie di donne africane. Perché l’Africa in cammino merita il Nobel!
Per informazioni: Ufficio Stampa Solidarietà e Cooperazione Cipsi, tel. 06.5414894, mail: ufficiostampa@cipsi.it e info@cipsi.it, web: http://www.cipsi.it/ e http://www.noppaw.org./